martedì 8 settembre 2009

IMPRESAMIA.IT-IL CASO - Costa meno il pane sloveno e gli italiani chiudono


I prodotti costano meno ma tassazione, manodopera e grano incidono di meno
Senza adeguamento normativo, nella Ue non c'è concorrenza ad armi pari e così dal confine con la Slovenia fino a Trieste, Gorizia e Udine il pane più venduto - al prezzo di un euro, e talvolta anche meno - è quello dei panificatori sloveni che hanno scoperto in Italia un buon mercato. Inevitabili e pesanti le ripercussioni con un calo del 40% delle aziende italiane di panificazione e una diminuzione del numero degli addetti da 550 a 400 circa. E' bene ricordare che la Slovenia fa parte della Ue dal 1° maggio 2004 e il 1° gennaio 2007 è diventata il primo stato dell'Europa Orientale ad adottare l'euro. "Se noi se vendessimo a un euro al chilo non copriremmo nemmeno le spese di produzione - ha affermato Edvino Jerian, presidente dell'associazione panificatori di Trieste e per molti anni presidente anche della Federazione italiana di categoria - Tra i due versanti del confine esistono dimensioni economiche differenti - ha poi spiegato - che già il confronto tra i Pil pro-capite possono testimoniare: nel 2006 era di quasi 31,7 mila dollari in Italia e di 18.6 mila dollari in Slovenia. Questo significa che la tassazione, la manodopera e la materia prima, cioè il grano, incidono in misura estremamente diversa sul costo finale del prodotto. Noi - ha aggiunto - per tasse e tributi locali, versiamo circa il 60% del fatturato, mentre in Slovenia esistono agevolazioni fiscali straordinarie, soprattutto per le nuove imprese. Lo stesso costo della distribuzione in carico ai nostri competitori, dal camion al suo autista, sarà evidentemente più basso. Non esiste - ha concluso Jerian - una concorrenza ad armi pari: questa è e sarà l'Europa, finché non subentrerà un adeguamento normativo".Nelle settimane scorse il problema ha conquistato spazio su Il Piccolo, quotidiano di Trieste: "I loro camioncini, imbottiti di panini, rosette e sfilatini ancora caldi - ha scritto Piero Rauber - si mettono in marcia ogni santa mattina quando il sole se ne sta ancora sotto l'orizzonte. Un pugno di minuti e sono a Trieste. Senza traffico, a quell'ora, con l'autostrada come un biliardo. (...) La "calata" dei panificatori sloveni, con il loro prodotto low cost destinato ai punti vendita italiani che lo richiedono, è ormai una realtà consolidata. E non solo nella nostra provincia, ma anche nell'Isontino e persino in Friuli. Il pane diventa così un altro emblema della concorrenza d'oltreconfine per una determinata categoria: dopo il carburante per i benzinai e le sigarette per i tabaccai, ecco il pane per i panificatori. Con una differenza tutt'altro che trascurabile. Qui non siamo noi a "espatriare" per risparmiare. Perché sono proprio i nostri vicini, in molti casi, a portare la merce a destinazione". Ha scritto ancora Il Piccolo: "Aziende fornaie di Nova Gorica, Sesana e Capodistria - riferiscono alcuni operatori locali del settore - si accordano infatti singolarmente con supermercati, discount, mense aziendali, ristoranti e alimentari, financo alcune panetterie del centro. Non sono in ballo per il momento - come assicurano fonti interne alle Camere di Commercio d'oltreconfine - contratti di settore "strutturati". È la piccola impresa slovena che crede nel business transfrontaliero, in altre parole, ad andare a caccia di clienti triestini. Ai quali vengono dunque garantite forniture "all'ingrosso" più vantaggiose di quelle applicate dai "colleghi" artigiani triestini. Si parla di un euro al chilo, anche qualcosa meno, per il tipo di pane più economico allo strutto".

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