lunedì 15 giugno 2009

IMPRESamia.it- MADE IN ITALY - Prosecco: piena tutela già da agosto


Zaia: chiunque in giro per il mondo imbottigli vino chiamandolo Prosecco non potrà più farlo
Finalmente difeso a livello comunitario e internazionale uno dei vini più tipici del Made in Italy. Lo ha detto il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf), Luca Zaia (nella foto) dopo che il Comitato nazionale vini, massimo organo consultivo e deliberativo del Mipaaf, ha valutato le 14 istanze e controdeduzione (pervenute da diversi enti, produttori ed organizzazioni) relative alle richieste di riconoscimento della Doc Prosecco e delle due Docg per le sottozone “Conegliano Valdobbiadene” e “Colli Asolani” o “Asolo”, pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale del 15 aprile 2009. Il Comitato ha accolto ed approvato 3 istanze, rigettando o non ritenendo di sua pertinenza le rimanenti. Con questo pronunciamento si chiude formalmente la complessa procedura di rivisitazione delle zone di produzione del “Prosecco”, i cui disciplinari saranno pubblicati nell’arco dei prossimi giorni sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, e da quella data entreranno in vigore diventando norma da rispettare già dalla prossima vendemmia. “Avevamo garantito tempi ultra-rapidi per la protezione del Prosecco - ha commentato il ministro - e, con poche parole e molta concretezza, abbiamo mantenuto la promessa: grazie a questa decisione verrà assicurata la garanzia delle Docg alla viticoltura storica, mentre tutte le altre aree di produzione rientreranno nella Doc. Una copertura totale che garantirà il futuro del Prosecco - ha spiegato Zaia - un grande vino italiano che vanta una produzione di 150 milioni di bottiglie ma che purtroppo subisce la concorrenza sleale dell'agropirateria. Nel mondo solo un prodotto su 10 di quelli reclamizzati come italiani arriva davvero dal nostro Paese: un fenomeno pericoloso, che occorre combattere con tutti i mezzi. D'ora in poi - ha concluso Zaia - i produttori di Prosecco avranno uno strumento in più per difendersi da questo genere di frodi: chiunque in giro per il mondo imbottigli vino chiamandolo "Prosecco" da agosto non potrà più farlo".

IMPRESAMIA.IT-LAVORO - Trend di crescita Ue: 64 milioni in sei anni


L'incremento maggiore nel settore del Terziario e Servizi (+30%)
Entro il 2015, in Europa, i posti di lavoro aumenteranno di oltre il 6% per un totale di 223 milioni. Lo si legge in una ricerca condotta per Manpower dalla Cambridge Econometrics sul tasso di occupazione in Europa che, fra sei anni, raggiungerà un +64 milioni - di cui 51 milioni saranno dovuti alla necessità di sostituire personale in uscita. Il trend di crescita individuato dall'indagine vede l'incremento maggiore nel settore del Terziario e Servizi, che dal 2006 al 2015 aumenterà quasi del 30%, seguito dal comparto Hotels & Catering ( 16%) e Sanità e Servizi Sociali ( 10%). Inoltre la ricerca individua il livello di professionalità che il mercato del lavoro richiederà nei prossimi anni. Emerge la domanda di una sempre maggiore specializzazione del personale impiegato: nel 2020, il 31,5% dei lavoratori dovrà avere un livello di qualifica professionale molto alto (nel 1996 era il 22%), il 50% un livello medio (contro il 45% del 1996) e in ultimo il 18,5% un livello basso (33% nel 1996). "Per soddisfare il sempre crescente livello di professionalità che richiederà il mercato del lavoro - ha affermato Stefano Scabbio, Presidente e Amministratore Delegato di Manpower (a destra nella foto) - è necessario affrontare con tutte le parti coinvolte nel sistema ( imprese, associazioni, istituzioni ) la questione di una formazione professionale e manageriale sempre più attinente e coerente all'evoluzione e ai mutamenti del mercato in maniera tale da rendere armonico il rapporto di crescita tra uomo, impresa e società nell'economia del mondo". Il 2015 vedrà pertanto occupati complessivamente 223 milioni di persone, con un incremento rispetto al 2006 del 6% (dato 2006: 210 milioni). I settori che maggiormente contribuiranno a definire tale trend di crescita occupazionale saranno Logistica (oltre 34 milioni di occupazioni nel 2015), Terziario e Servizi (oltre 33 milioni), Manifatturiero (oltre 22 milioni), Sanità e Servizi Sociali (22 milioni), Edilizia (15 milioni e mezzo), Istruzione (15 milioni e mezzo), Servizi generici (oltre 15 milioni), Pubblica Amministrazione e Difesa (oltre 14 milioni), Trasporti e Telecomunicazioni (oltre 12 milioni), Hotel e Catering (11 milioni e mezzo), Agricoltura (quasi 8 milioni), Ingegneria (7 milioni e mezzo), Banche e Assicurazioni (oltre 6 milioni), Alimentari e Tabacco (oltre 4 milioni e mezzo), Elettricità, Gas e Acqua (quasi 1 milione e mezzo), Minerario ed Estrattivo (500 mila). Per quanto riguarda l'Italia, si registrerà un numero complessivo di nuove occupazioni dovute a necessità di sostituire il personale pari a quasi 8 milioni (12,4% del totale europeo), posizionandosi quindi al terzo posto dopo Germania e Regno Unito. Questo il quadro dei profili professionali coinvolti: 2 milioni e 300 mila i tecnici e professionisti associati (pari al 28%), 1 milione e 500 mila i direttori di funzione, manager e quadri (18%), oltre 1 milione gli impiegati nei servizi e nelle vendite (13,2%), 865 mila i lavoratori generici (10,8%), oltre 800 mila gli impiegati (10,7%), 730 mila i liberi professionisti (9,2%), 530 mila gli artigiani (6,6%), 330 mila gli operai e assemblatori di macchine e impianti (4,2%), 58 mila nelle forze armate (0,7%). Gli unici profili in calo - meno 115 mila - sono gli operatori specializzati del settore agricoltura e pesca (1,4%). A livello Europa, gli oltre 64 milioni di posti di lavoro originati dal bisogno di sostituire il personale in uscita, vedono maggiori volumi tra i tecnici e professionisti associati (18%), gli impiegati nei servizi e nelle vendite (16,4%), i lavoratori generici (15%) e i liberi professionisti (14,8%). Seguono direttori di funzione, manager e quadri (11%), artigiani (9,4%), operai e assemblatori macchine e impianti (7,2%), impiegati (7%), operatori specializzati agricoltura e pesca (0,8%), forze armate (0,4%).

IMPRESAMIA.IT-CREDITO - Accordo Abi-Cdp per finanziare Pmi


Risorse per un totale di 8 miliardi di euro per le banche. Il 15% destinato al credito cooperativo
Una quota del 15% va alle banche di credito cooperativo, il resto è ripartito tra le altre banche. In base alla propria quota di mercato dei finanziamenti alle Pmi. E' questo l'obiettivo della Convenzione sottoscritta dal presidente dell'Abi, Corrado Faissola (nella foto) e dall'amministratore delegato di Cassa depositi e prestiti (Cdp), Massimo Varazzani, che regola la nuova operatività bancaria di finanziamento delle piccole e medie imprese attraverso l'utilizzo della provvista Cdp. Le banche o i gruppi bancari che aderiranno all'iniziativa potranno procedere alla stipula dei contratti di finanziamento con la Cassa che regoleranno l'erogazione delle risorse, pari in totale a 8 miliardi di euro. Per il finanziamento a 5 anni sono previste due fasce di spread, pari a 75 e a 95 punti base sull'Euribor a 6 mesi." La Cassa conferma il sostegno all'economia nazionale - ha affermato l'ad Varazzani - finanziando, attraverso il canale bancario, le Pmi che hanno una forte incidenza nel tessuto produttivo nazionale e coprendo le esigenze di un mercato che ha bisogno di poter contare sulla certezza provvista a medio lungo temine, provvista alla quale si associa l'intervento assicurativo di Sace a favore delle banche finanziatrici''. Corrado Faissola ha ribadito che ''la Convenzione crea una nuova strada attraverso cui le imprese possono finanziarsi. Le banche metteranno a disposizione i loro sportelli e offriranno sul territorio i fondi della Cassa''. Alla firma dell'accordo era presente anche Alessandro Castellano, Amministratore delegato della Sace, che sta mettendo a punto con ABI una ulteriore Convenzione grazie alla quale la Società garantirà fino al 50% dei finanziamenti erogati dalle banche alle Pmi, su provvista Cdp. L'accordo prevede che la Cassa Depositi e Prestiti metta a disposizione delle banche un plafond di 8 miliardi di euro suddiviso in due parti, che le banche aderenti al progetto si impegnano a utilizzare per l'erogazione di prestiti a medio-lungo termine alle Pmi. Inoltre, e' fissata in 5 anni la durata del piano di rimborso del finanziamento Cdp-banche.

IMPRESAMIA.IT-Consumatori - Su digitale terrestre manca informazione


Paolo Landi, Adiconsum: estendere l'incentivo a tutti i decoder e non solo a quelli più costosi
Una inchiesta di Adiconsum denuncia: è caos nelle modalità di informazione sugli incentivi. Per evitare speculazioni, chiedere il preventivo basato sul listino concordato con le associazioni di categoria degli installatori. L'allarme lanciato da Adiconsum riguarda il passaggio al digitale che comporterà una spesa obbligata di 100-150 euro. Infatti, per ogni televisore è indispensabile un decoder e l’incentivo stabilito dal Governo per le famiglie meno abbienti (10.000 euro) è limitato ai decoder interattivi cioè quelli più costosi e funzionali anche alle pay-tv. Quindi, l'Adiconsum chiede al Governo di estendere l’incentivo a tutti i decoder e consentire quindi alle famiglie in difficoltà di passare al digitale, almeno per un televisore, a costo zero.Altro aspetto che può determinare un’ulteriore spesa è la richiesta di intervento di un tecnico installatore: il consiglio di Adiconsum è quello di chiedere un preventivo scritto basato sui tariffari concordati con le associazioni di categoria degli installatori. Comunque le criticità sono molte e vanno dalla scarsa presenza delle Istituzioni, che hanno preferito delegare la comunicazione a privati, e della Rai che non ha previsto trasmissioni di alfabetizzazione sull’uso dei decoder e neppure l'utilizzo degli strumenti di comunicazione tradizionali (manifesti informativi affissi nei maggiori luoghi di aggregazione e soprattutto nei negozi dove si vendono i decoder), all'inadeguatezza degli incentivi governativi (i limiti previsti sono di10.000 euro e il contributo è solo per i decoder interattivi che hanno un costo di circa 70-100 euro). Invece, secondo Adiconsum,l’incentivo deve essere rivolto soprattutto alle famiglie meno abbienti e quindi anche ai decoder meno costosi per consentire il passaggio al digitale a costo zero. Se l’incentivo non verrà modificato rischia di essere solo una misura di facciata. Non solo, le persone anziane, sono state lasciate sole poiché non è stata prevista nessuna iniziativa specifica.Per ovviare atanto disinteresse, l'associazione dei consumatori ha attivato alcune iniziative di informazione e assistenza fra cui: uno sportello on line dedicato alla tv digitale accessibile dal sito www.adiconsum.it , dove trovare notizie aggiornate e link utili; Okkio a…: guida dedicata alla tv digitale con le istruzione utili per non commettere errori; Decalogo per affrontare lo switch off senza stress; Area Blog: dove i cittadini possono esprimere il loro parere sullo spegnimento della tv analogica e dialogare fra loro; Pieghevole realizzato da Adiconsum Piemonte. Infatti, Una inchiesta di Adiconsum denuncia: è caos nelle modalità di informazione sugli incentivi. Per evitare speculazioni, chiedere il preventivo basato sul listino concordato con le associazioni di categoria degli installatori. L'allarme lanciato da Adiconsum riguarda il passaggio al digitale che comporterà una spesa obbligata di 100-150 euro. Infatti, per ogni televisore è indispensabile un decoder e l’incentivo stabilito dal Governo per le famiglie meno abbienti (10.000 euro) è limitato ai decoder interattivi cioè quelli più costosi e funzionali anche alle pay-tv. Quindi, l'Adiconsum chiede al Governo di estendere l’incentivo a tutti i decoder e consentire quindi alle famiglie in difficoltà di passare al digitale, almeno per un televisore, a costo zero.Altro aspetto che può determinare un’ulteriore spesa è la richiesta di intervento di un tecnico installatore: il consiglio di Adiconsum è quello di chiedere un preventivo scritto basato sui tariffari concordati con le associazioni di categoria degli installatori. Comunque le criticità sono molte e vanno dalla scarsa presenza delle Istituzioni, che hanno preferito delegare la comunicazione a privati, e della Rai che non ha previsto trasmissioni di alfabetizzazione sull’uso dei decoder e neppure l'utilizzo degli strumenti di comunicazione tradizionali (manifesti informativi affissi nei maggiori luoghi di aggregazione e soprattutto nei negozi dove si vendono i decoder), all'inadeguatezza degli incentivi governativi (i limiti previsti sono di10.000 euro e il contributo è solo per i decoder interattivi che hanno un costo di circa 70-100 euro). Invece, secondo Adiconsum,l’incentivo deve essere rivolto soprattutto alle famiglie meno abbienti e quindi anche ai decoder meno costosi per consentire il passaggio al digitale a costo zero. Se l’incentivo non verrà modificato rischia di essere solo una misura di facciata. Non solo, le persone anziane, sono state lasciate sole poiché non è stata prevista nessuna iniziativa specifica.Per ovviare atanto disinteresse, l'associazione dei consumatori ha attivato alcune iniziative di informazione e assistenza fra cui: uno sportello on line dedicato alla tv digitale accessibile dal sito www.adiconsum.it , dove trovare notizie aggiornate e link utili; Okkio a…: guida dedicata alla tv digitale con le istruzione utili per non commettere errori; Decalogo per affrontare lo switch off senza stress; Area Blog: dove i cittadini possono esprimere il loro parere sullo spegnimento della tv analogica e dialogare fra loro; Pieghevole realizzato da Adiconsum Piemonte. Infatti, Adiconsum ha in corso nel Piemonte una campagna informativa che prevede la stampa di 25.000 guide esplicative e 30 incontri con i cittadini di altrettante città piemontesi.Ovviamente tutte le sedi Adiconsum sono a disposizione dei consumatori per offrire informazioni o ricevere reclami in merito allo spegnimento della tv analogica.

IMPRESAMIA.IT-CRISI - Imprese agricole che non hanno paura


Dal marchio alla diversificazione dei prodotti: le strategie innovative come ricetta anti-crisi
Spesso sono guidate da laureati che usano internet per fare conoscere le proprie attività. Inoltre, perimentano iniziative imprenditoriali più alternative e ben il 43% ha avuto esperienze professionali in settori diversi. Sono questi alcuni degli elementi principali dell'identikit dei titolari di giovani imprese che hanno sconfitto la crisi con l'innovazione, realizzando performance da primato nel settore agricolo, secondo l'indagine Swg/Coldiretti. La crisi internazionale non spaventa le imprese agricole più innovative che nell'80% dei casi giudicano buona o eccellente la propria condizione competitiva e nel 70% dei casi prevedono nei prossimi tre anni la crescita del fatturato, che è nel 43% dei casi superiore ai 100mila euro/anno. Le ottime performance delle imprese più competitive nelle campagne sono garantite dagli investimenti nel marketing che sono effettuati in otto imprese su dieci e dalla diversificazione in attività diverse rispetto alla coltivazione e all'allevamento come - si legge in una nota della Coldiretti - la trasformazione e vendita dei prodotti, la didattica e le attività ricreative, che impegnano l'82% delle imprese. La differenziazione dell'immagine con un marchio aziendale riguarda due imprese agricole innovative su tre mentre nel 62% dei casi vengono realizzati prodotti certificati. La forza trainante dell'agricoltura italiana è un universo che - prosegue la nota della Coldiretti - può contare su oltre il 30% di donne particolarmente attive nelle iniziative imprenditoriali più alternative, dalle fattorie sociali all'agriasilo, dalle beauty farm all'agrigelateria. Rilevante per il successo imprenditoriale nelle campagne è anche la collaborazione con la presenza tra le iniziative innovatrici di oltre il 18% di cooperative e società. Vediamo tutti i numeri delle imprese innovative: il 43% dei responsabili ha avuto esperienze professionali precedenti in settori diversi e in più di un caso su quattro i conduttori sono laureati o frequentano l'Università; il 57% ha un sito internet; 30% sono guidate da donne; il 18% hanno la forma giuridica di cooperative e società; nell'80% dei casi giudicano buona o eccellente la propria condizione competitiva; nel 70% dei casi prevedono nei prossimi tre anni la crescita del fatturato; nel 43% dei casi il fatturato è superiore ai 100mila euro/anno; 8 imprese su 10 effettuano investimenti nel marketing; nel 62% dei casi sono offerti prodotti certificati; l'82% diversifica in attività diverse rispetto alla coltivazione e all'allevamento e 2 su 3 hanno un marchio aziendale.

IMPRESAMIA.IT- LAVORO - Istat: aumento retribuzioni più basso dal 2000


I dati Istat riguardano l'industria e il settore dei servizi
Le retribuzioni sono in crescita ma con un ritmo più lento rispetto agli ultimi nove anni. Nel primo trimestre 2009 le retribuzioni lorde per Unità di lavoro a tempo pieno equivalenti (Ula) al netto degli effetti stagionali hanno registrato nel complesso dell'industria e dei servizi un incremento, rispetto al trimestre precedente, dello 0,1%. Per gli indici grezzi, rispetto allo stesso trimestre dell'anno precedente, c'è stato un aumento dello 0,6%. Lo ha comunicato l'Istat specificando che al netto degli effetti stagionali, rispetto al trimestre precedente, l'indice registra una variazione nulla nell'industria e una leggera riduzione nei servizi (meno 0,1%). Il tasso di crescita tendenziale delle retribuzioni per Ula nel primo trimestre del 2009 è stato del 1,2% nell'industria e dello 0,1% nei servizi. All'interno del settore industriale, nel primo trimestre del 2009 le retribuzioni per Ula hanno segnato l'incremento tendenziale più marcato nelle costruzioni (+2,8%). All'interno del terziario, la crescita tendenziale delle retribuzioni più elevata si è manifestata nel comparto del commercio al dettaglio; riparazione di autoveicoli e motocicli (+3%). Si deve precisare che la variazione tendenziale negativa (-8,5%) registrata nel settore delle attività finanziarie e assicurative è dovuta al confronto con il livello particolarmente elevato del primo trimestre 2008 che rifletteva la presenza di componenti retributive occasionali (arretrati e una tantum), erogate a seguito del rinnovo del contratto nazionale di lavoro. Un effetto analogo, sebbene di dimensione inferiore, ha riguardato il settore del trasporto e magazzinaggio dove si registra una variazione negativa di -0,8%.Al netto degli effetti stagionali, gli oneri sociali per Ula hanno segnato una variazione congiunturale di -0,1% nel totale, con un diminuzione dello 0,2% nell'industria e dello 0,1% nei servizi. La dinamica tendenziale degli oneri sociali per Ula nel primo trimestre del 2009 è stata, nell'insieme dei settori dell'industria e dei servizi, inferiore a quella delle retribuzioni, con un incremento dello 0,3%. Nell'industria, gli oneri sociali per Ula hanno registrato un incremento tendenziale dello 0,8%. Nei servizi, la variazione è stata di +0,2%.All'interno dell'industria, l'aumento più marcato ha riguardato il settore della fornitura di acqua; reti fognarie, attività di gestione dei rifiuti e risanamento (+2,8%). All'interno del terziario, la variazione tendenziale più elevata (+3,1%) è stata registrata dal settore commercio al dettaglio; riparazione di autoveicoli e motocicli.

IMPRESAMIA.IT-LAVORO - Ue: costante calo dell'occupazione


La situazione più allarmante è quella della Spagna
In soli tre mesi si sono persi 1,22 milioni di posti di lavoro nella zona euro dell'Europa. Che diventano1,916 se si considera l'Europa dei Ventisette Stati. E' quanto ha reso noto Eurostat, l'ufficio statistico delle comunità europea, nei primi dati sull'occupazione del primo trimestre del 2009, in calo dello 0,8% rispetto ai tre mesi precedente. Dai dati Eurostat emerge su base annua un calo dell'1,2% sia per Eurolandia che per i Ventisette. Tra gli Stati membri, la situazione più allarmante è quella della Spagna, dove il calo è stato del 3,1% rispetto al trimestre precedente e del 6,4% rispetto all'anno passato. L'Italia ha un andamento migliore rispetto alla media, con un calo dello 0,3% rispetto al quarto trimestre del 2008 e dello 0,8% rispetto al primo trimestre dell'anno scorso. Tiene anche la Francia, che segna rispettivamente -0,4% e -0,7%, mentre migliora addirittura la situazione di Belgio e Germania: su base trimestrale cedono rispettivamente lo 0,2% e lo 0,3%, ma rispetto all'anno passato guadagnano lo 0,5% e lo 0,1%. In caduta libera le repubbliche baltiche: in Estonia il calo è stato del 7,2% rispetto all'anno precedente, in Lettonia dell'8,2% e in Lituania del 5,1%. Pesante anche l'Ungheria, che cede il 3% su base annua. Si tratta del terzo trimestre consecutivo di calo dell'occupazione. Nel primo trimestre 223,8 milioni di europei avevano un posto di lavoro. Di questi, 146,2 milioni nella zona euro. Secondo le ultime previsioni economiche, pubblicate a inizio maggio, la Commissione puntava su 8,5 milioni di posti in meno tra il 2009 e il 2010.

IMPRESAMIA.IT-CDM - Fitto: non conformi alcune leggi locali (1)


All'esame alcune leggi delle Regioni Liguria, Lazio e Piemonte
Il Consiglio dei Ministri di venerdì 12 giugno ha impugnato alcune leggi regionali e una provinciale. Infatti, su proposta del ministro per i Rapporti con le Regioni Raffaele Fitto (nella foto) sono state indicate come non conformi alla normativa nazionale leggi delle Regioni Liguria, Piemonte, Lazio, Calabria e della Provincia di Bolzano. Per quanto riguarda la L.r.n.10 del 9/04/2009 recante: ''Norme in materia di bonifiche di siti contaminati'' della Regione Liguria la legge ''detta norme in materia di bonifica dei siti contaminati e presenta aspetti di illegittimita' costituzionale relativamente ad alcune previsioni che sono difformi dalle norme statali di riferimento contenute nel Codice dell'Ambiente''. A tal proposito, è stato evidenziato che la disciplina dei rifiuti, come ribadito dalla Corte Costituzionale (sent. nn. 10/2009 e 61/2009), è riconducibile alla competenza legislativa esclusiva statale di tutela dell’ambiente di cui all’art. 117, co. 2, lett. s) della Costituzione e pertanto le Regioni non possono disciplinare in contrasto con tale normativa. Altra legge ligure da esaminare è la L.r.n.12 del 28/4/2009 recante: “Disposizioni relative all'assunzione di personale del servizio sanitario regionale e di personale della ricerca in servizio presso gli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico e le Aziende ed Enti del Servizio Sanitario Regionale”. Tale legge, recante norme in materia sanitaria, eccede dalle competenze regionali in quanto alcune disposizioni che prevedono stabilizzazioni di personale precario e nuove assunzioni presso gli IRCCS e le Aziende ed Enti del Servizio Sanitario Regionale, peraltro senza individuare la relativa copertura finanziaria, per un verso contravvengono a specifici vincoli contenuti nel Piano di rientro dal disavanzo sanitario stipulato dalla Regione il 6 marzo 2007, e per altro verso ampliano illegittimamente il novero dei destinatari delle procedure di stabilizzazione. Esse contrastano pertanto con il principio di leale collaborazione, di cui agli artt. 117 e 118 Cost., nonché con le disposizioni delle leggi finanziarie dello Stato recanti i principi di coordinamento della finanza pubblica in materia di rientro dallo stato di disavanzo e in materia di stabilizzazione del personale precario, in violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost. Contrastano inoltre con il principio del pubblico concorso di cui agli artt. 3, 51 e 97 Cost., nonché, risultando prive di copertura finanziaria, con l'art. 81 Cost.
Per quanto riguarda la Regione Lazio, la legge da rivedere è la L.r.n.14 del 16/4/2009 recante: “Disposizioni in materia di personale”. La Regione con il provvedimento in esame, che può essere considerato a tutti gli effetti una "legge di sanatoria", dispone, all'articolo 1, che venga "fatta salva la qualifica o categoria già attribuita al personale alla data di entrata in vigore della presente legge per effetto dell'applicazione dell'articolo 22, comma 8, della legge regionale 1 luglio 1996, n.25…, purché lo stesso abbia svolto le funzioni o mansioni corrispondenti alla predetta qualifica o categoria, conferite con atto formale ed effettivamente esercitate per almeno un triennio", facendo salva la posizione economica per il personale in quiescenza. Tale disposizione è stata emanata a seguito della sentenza del TAR Lazio n. 3108 dell’11/4/2008, che ha dichiarato l'illegittimità del regolamento regionale, che aveva attribuito le qualifiche dirigenziali a circa 475 dipendenti regionali, disponendo il conseguente annullamento degli inquadramenti nella qualifica suddetta. Tale disposizione, contravvenendo al giudicato, si pone in contrasto con i principi di ragionevolezza, imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione nonché con il principio costituzionale del pubblico concorso, che offre le migliori garanzie di selezione dei più capaci, in funzione dell'efficienza della stessa amministrazione, anche per l'accesso dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni a funzioni più elevate, come confermato dalla giurisprudenza costituzionale (sent. n. 159/2005, n. 205/2004, n.39/2004, n. 194/2002, n.1/99).
Impugnata anche la L.r.n.11 del 7/4/2009 recante: “Tutela, valorizzazione e promozione del patrimonio linguistico del Piemonte” della Regione Piemonte. La legge regionale, volta alla valorizzazione del patrimonio linguistico del Piemonte, attribuisce al dialetto piemontese il "valore di lingua piemontese" al fine di parificarla alle lingue minoritarie "occitana, franco-provenzale, francese e walser", e conferisce ad essa il medesimo tipo di tutela. Ciò eccede dalla competenza regionale e viola l'art. 6 Cost. (secondo il quale "la Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche") nell'attuazione e nell'interpretazione ad esso data rispettivamente dalla l.n. 482/99, che non ricomprende il piemontese tra le lingue ritenute meritevoli di tutela, e dalla giurisprudenza costituzionale che pone in capo al legislatore statale la titolarità del potere d'individuazione delle lingue minoritarie protette, nonché degli istituti che caratterizzano questa tutela.

IMPRESAMIA.I-CDM - Fitto: non conformi alcune leggi locali (2)


Incostituzionali una legge della Regione Calabria e della Provincia di Bolzano
All'esame del Cdm di venerdì scorso anche una legge della Regione Calabria e della Provincia di Bolzano. Per quanto riguarda la Regione Calabria, da rivedere è la L.r.n.11 del 30/4/2009 recante: “Ripiano del disavanzo di esercizio per l'anno 2008 ed accordo con lo Stato per il rientro dai disavanzi del servizio sanitario regionale”. La Regione Calabria, che versa in una situazione di disavanzi nel settore sanitario per gli anni 2001, 2005 e 2006, 2007 e 2008, con la legge in esame provvede alla copertura del disavanzo di gestione del servizio sanitario imputabile all’anno 2008 con l’innalzamento delle aliquote fiscali per l’anno 2009, e alla copertura del disavanzo rinveniente dalla sopravvenienze passive iscritte nell’esercizio 2007 con un accordo per il rientro dai disavanzi che viene definito e disciplinato dalla legge stessa. Tale legge è incostituzionale nella parte in cui stabilisce e disciplina unilateralmente interventi per il ripiano del disavanzo senza tener conto dell'avviso già manifestato dai Ministeri interessati nel corso della collaborazione antecedente all'emanazione della legge e che avrebbe dovuto condurre alla stipula del Piano di rientro previsto dalle leggi finanziarie statali: essa viola pertanto il principio di leale collaborazione di cui agli artt. 117 e 118 Cost.C'è anche una legge provinciale che deve essere rivista, la L.p.n.1 del 9/4/2009 recante: “Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l'anno finanziario 2009 e per il triennio 2009-2011 (Legge finanziaria 2009)”della Provincia di Bolzano. La legge provinciale in esame presenta diversi profili di illegittimità costituzionale sia in materia di contratti pubblici che di gestione dei rifiuti e tutela del suolo, in quanto vengono introdotte rilevanti differenze rispetto alla normativa nazionale di riferimento che è da considerare vincolante anche per le province autonome, anche alla luce delle numerose pronunce della Corte Costituzionale sulla materia. Inoltre alcune disposizioni in materia di personale provinciale prevedono la possibilità di conferire incarichi dirigenziali a persone estranee all’amministrazione senza alcun limite d'età. In ciò, la Provincia eccede dalla sua competenza in quanto legifera in materie quali l'ordinamento civile e la previdenza sociale che non rientrano tra quelle riservate alla Provincia dallo statuto di autonomia, ponendosi in contrasto con l'art. 117, comma 2, lett. l) ed o) della Costituzione in materia di ordinamento civile e previdenza sociale nonché con i principi di ragionevolezza, imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, fissati rispettivamente agli artt. 3 e 97 della Costituzione. Infine, una disposizione stabilisce che, al fine di poter accedere all'impiego quale insegnante ovvero collaboratore pedagogico e collaboratrice pedagogica, si deve attestare l'appartenenza al gruppo linguistico ladino. La disposizione provinciale, nel richiedere come requisito necessario l'appartenenza al gruppo ladino per insegnare o collaborare nelle scuole ladine dell'infanzia, viola non solo le norme di attuazione dello statuto ma si pone anche in contrasto con le stesse disposizioni previste dallo Statuto. In particolare, si pone in contrasto con l'art. 19 che nulla dispone in merito all'appartenenza al gruppo ladino per l'insegnamento nelle scuole materne nonché con l'art. 89, il quale prevede che i posti delle amministrazioni sono riservati a ciascuno dei tre gruppi linguistici e che tale attribuzione è effettuata gradualmente fino alla copertura dei posti vacanti. Di conseguenza, il requisito di appartenenza al gruppo linguistico ladini, richiesto in maniera specifica, comporta una lesione del principio di non discriminazione sancito non solo a livello costituzionale ma anche a livello comunitario.

IMPRESAMIA.IT-IMPRESE - Regina (Uir): in cerca di fondi spagnoli


Gli industriali laziali vanno a Madrid per Progetto Roma
L'Unione degli industriali e delle imprese di Roma si prepara a sbarcare a Madrid. Lo scopo è quello di trovare investitori internazionali pronti a impegnarsi nella Capitale italiana. Lo ha detto il presidente della Uir, Aurelio Regina (a destra nella foto, a sinistra il sindaco di Roma, Gianni Alemanno), nel corso della presentazione dell'accordo siglato dalla sua associazione, Confindustria Lazio e i sindacati: "La prossima settimana porterò a Madrid il Progetto Roma - ha annunciato Regina - Incontrerò personalmente re Juan Carlos, i colleghi di Madrid e la Confindustria spagnola. Occorre internazionalizzare questo pacchetto, è molto importante per gli investitori internazionali". Ma non solo: "A fine ottobre- ha aggiunto Regina- a Roma si svolgerà il Forum del Mediterraneo. Ospiteremo 13 Paesi e le loro aziende con la volontà di far diventare la nostra Capitale un hub per il Mediterraneo. Il nostro è un ruolo fondamentale, basti pensare che Civitavecchia è il principale porto croceristico dell'area con oltre 4,5 milioni di passeggeri l'anno".

IMPRESAMIA.IT-TRASPORTO - In nome del diritto di libera circolazione


Differiti ad altra data gli scioperi indetti per lunedì prossimo
Matteoli ha differito gli scioperi del settore e aereo e lunedì 15 giugno si potrà volare. Con propria ordinanza, il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Altero Matteoli (nella foto), in attuazione dell’art. 8 della Legge 146/90 e successive modifiche, ha ordinato il differimento ad altra data degli scioperi nel settore aereo indetti per lunedì 15 giugno, e precisamente:- sciopero del personale dipendente del Gruppo Alitalia-CAI del giorno 15 giugno 2009, durata 24 ore – dalle 00.01 alle 23.59 – indetto dalla O.S. SdL;- sciopero dei lavoratori di Alitalia (piloti, aa.vv., terra) del giorno 15 giugno 2009, durata 4 ore – dalle 12.00 alle 16.00 – proclamato dalla O.S. Cub Trasporti;- sciopero dei lavoratori del sett. Informatico di Alitalia del giorno 15 giugno 2009, durata 4 ore – dalle 12.00 alle 16.00 – proclamato dalla O.S. Cub Trasporti;- sciopero dei lavoratori del settore amministrativo di Alitalia del giorno 15 giugno 2009, duurata 4 ore – dalle 12.00 alle 16.00 – indetto dalla O.S. Cub Trasporti;- sciopero dei lavoratori degli Scali di Alitalia del giorno 15 giugno 2009, durata 4 ore – dalle 12.00 alle 16.00 – proclamato dalla O.S. Cub Trasporti;- sciopero dei lavoratori del Call Center di Alitalia del giorno 15 giugno 2009, durata 4 ore – dalle 12.00 alle 16.00 – proclamato dalla O.S. Cub Trasporti;- sciopero degli Assistenti di Volo della Società Meridiana del giorno 15 giugno 2009, durata 4 ore – dalle 12.00 alle 16.00 – indetto dalla O.S. SdL.Il provvedimento si è reso necessario ed urgente allo scopo di evitare un pregiudizio grave ed irreparabile al diritto di libera circolazione costituzionalmente garantito.

IMPRESAMIA.IT-CRISI - Marcegaglia: 100 giorni di azione determinata


Appello della presidente di Confindustria al Governo perchè si muova
Servono cento giorni di concretezza che permettano alle nostre imprese di avere una svolta. Lo ha detto la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia (nella foto), dal palco dei giovani di Confindustria. ""Il Governo deve velocizzare e cambiare passo. Questo è il momento di agire - ha insistito Marcegaglia - Dalla crisi possiamo uscire e ripartire: dobbiamo impegnarci seriamente, gli esami di riparazione sono finiti. Noi siamo pronti". La presidente di Confindustria ha proposto al Governo un piano che in 100 giorni potrebbe risollevare il sistema paese. Tremonti ter, credito d'imposta, l'avvio rapido dei piccoli cantieri perché ha spiegato, il Paese "ha troppi vincoli - ha affermato - facciamo uno sforzo per aprirli veramente". E poi i debiti della pubblica amministrazione verso le imprese che lo stesso premier ha definito una vergogna nazionale. "La situazione non è facile. In questi mesi rischiamo di perdere un pezzo del nostro sistema produttivo - ha ammonito Marcegaglia - molte imprese rischiano di morire. Noi imprenditori siamo vivi e combattivi, non vogliamo rassegnarci ma agire. Ma abbiamo bisogno qualcosa di straordinario per questo Paese''. In cima alla scaletta della priorità , secondo la Marcegaglia, c'è il pressing alle banche per concedere il credito, l'avvio di una Tremonti ter sulla detassazione degli utili reinvestiti e avvio rapido delle infrastrutture con particolare riferimento ai piccoli cantieri. E il pagamento dei debiti alle imprese da parte della Pa: ''Ci aspettiamo - ha detto a questo proposito la presidente - che in questi 100 giorni ci sia dato almento un pezzo dei nostri crediti''.Poi un attacco al responsabile Economia del Pd: "Bersani ha ipotizzato ieri una nuova imposta patrimoniale per compensare il mancato gettito dell'Ici: per favore non scherziamo, questo paese ha già troppe tasse, non serve nuova imposta. Possiamo fare tanto, c'è l'imbarazzo della scelta".

IMPRESAMIA.IT-PMI - Dardanello: impresa come leva di integrazione


Unioncamere: nel primo trimestre le imprese di immigrati sono il 7,2% del totale
E' vicino al 10% il contributo dei piccoli imprenditori immigrati alla formazione del Pil. Iinfatti, nonostante la crisi, che però ne attenua il dinamismo, continua l'espansione dell' imprenditoria immigrata in Italia. Secondo Movimprese - la rilevazione trimestrale condotta per conto di Unioncamere da InfoCamere, la società consortile di informatica delle Camere di Commercio italiane - nei primi tre mesi del 2009 sono stati poco meno di 10mila (per l'esattezza 9.975) gli immigrati che hanno aperto un'impresa individuale iscrivendo i loro nomi nei registri camerali, mentre altri 7.612 hanno chiesto di cancellarlo. Il bilancio demografico del trimestre chiude dunque in attivo per gli imprenditori immigrati che aumentano di 2.363 unità (pari ad un tasso di crescita dello 0,98% a fronte del -0,99% fatto registrare dal complesso delle imprese individuali), portando a fine marzo il numero delle imprese individuali con un titolare nato in un paese non appartenente all'Unione Europea al valore di 242.969 unità, il 7,2% di tutte le imprese individuali italiane (3.396.224)."La crisi non fa sconti a nessuno e anche la componente più dinamica dei nuovi imprenditori, quelli immigrati, risente delle difficoltà di questo momento - ha detto il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello (nella foto) - E' però significativo che tanti cittadini immigrati, spesso dopo anni di lavoro dipendente, sentano di poter costruire un futuro nel nostro Paese attraverso l'impresa. Il contributo di questi piccoli imprenditori è prezioso in termini di valore aggiunto, ormai vicino al 10% del pil, di competenze ma soprattutto di promozione sociale delle persone. " Fare impresa - ha detto Dardanello - significa accettare di avere responsabilità verso il mercato e rispettare le sue regole, ma per un cittadino immigrato, guadagnare il ruolo di imprenditore significa accreditarsi presso i propri connazionali e verso la comunità italiana in cui vive e opera. E' un canale che va incoraggiato dalle istituzioni perché rappresenta una leva fortissima per far crescere l'autostima dei cittadini immigrati e la loro positiva integrazione nel territorio".