martedì 10 novembre 2009

IM-IMPRESAMIA.IT-CAMERA - Pmi: senza cultura d'impresa, persone e soldi


L'azienda è il modo in cui la persona mette in gioco la sua voglia e capacità di rischiare
Le piccole e medie imprese, motore dell'economia italiana e fiore all'occhiello del Made in Italy,sono al centro del dibattito politico, soprattutto per quanto riguarda le misure da intraprendere al fine di portare a compimento quelle riforme indispensabili per far correre il Paese sui binari della sussidiarietà, della responsabilizzazione e della valorizzazione del merito, in modo da migliorare la loro posizione in ambito sia nazionale che internazionale. Questo l'argomento dell'interrogazione che il deputato del Pdl Giorgio Jannone (nella foto) ha rivolto ai ministri dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, dell'Economia e delle finanze, Giulio Tremonti e del Welfare, Maurizio Sacconi nel corso della seduta dello scorso 9 novembre. Nell'interrogazione si legge che l'esperienza degli ultimi anni dimostra in modo inequivocabile come le nostre imprese, e in particolare quelle appartenenti ai distretti industriali e specializzate nelle produzioni del Made in Italy, dopo aver attraversato una fase di incertezza nel periodo 2002-2005 nella quale hanno dovuto subire i contraccolpi delle nuove condizioni competitive e valutarie createsi in seguito sia all'ingresso nello scenario internazionale di due colossi come Cina e India sia all'entrata del nostro Paese nell'Unione monetaria, abbiano saputo poi reagire in maniera decisa imboccando un sentiero di sviluppo caratterizzato da innovazione e internazionalizzazione. La fase di sviluppo del sistema industriale italiano negli anni 2006 e 2007, solo parzialmente intaccata nel 2008 dagli effetti della tremenda crisi finanziaria americana, deve quindi essere vista come l'esito di un processo di profonda trasformazione che si è compiuta negli anni precedenti. Alla base del modello produttivo italiano vi è un sistema manifatturiero forte, radicato sul territorio, composto da una rete di piccole e medie imprese connesse da uno straordinario capitale sociale e da un ricchissimo capitale umano. Si tratta di un sistema costruito a partire da un'imprenditorialità competente e responsabile, capace di generare una continua innovazione di prodotto e di processo.L'azienda è il modo in cui la persona mette in gioco le sue idee, la sua voglia e capacità di rischiare e di intraprendere e, d'altra parte, il vantaggio competitivo della persona che la guida e che si identifica con essa:la nostra imprenditorialità si fonda sui valori della responsabilità, dello sviluppo umano, inteso come l'insieme delle caratteristiche personali che si manifestano in abilità e capacità utilizzabili nel processo produttivo, e sul capitale sociale, inteso come l'insieme delle relazioni tra agenti che facilitano l'attività produttiva. L'analisi svolta dal Rapporto sulla sussidiarietà 2008 muove dalla constatazione di come la sussidiarietà nelle imprese si basi sulla centralità e la crescita della persona e sullo sviluppo di relazioni significative con le altre imprese e con i vari stakeholder aziendali.Lo straordinario cambiamento in atto nei Paesi emergenti sta mutando profondamente la natura delle relazioni economiche tra i Paesi industrializzati e il resto del mondo. La stessa crisi finanziaria che ha colpito in maniera così pesante nel corso del 2008 gli Stati Uniti, e di riflesso l'Europa e l'Asia, mostra inequivocabilmente come i processi di trasformazione dell'economia mondiale, caratterizzati da una marcata accentuazione della sfida competitiva che avviene in mercati sempre più globali, abbiano modificato in modo ormai irreversibile vecchi equilibri e posizioni di rendita che sembravano immutabili. Pertanto, si fa urgente la necessità di trovare nuovi modelli di sviluppo basati sull'economia reale e sulla produzione che, da un lato, sappiano generare una crescita sostenibile necessariamente fondata sulla demografia, e dall'altro riducano gli eccessi consumistici che hanno caratterizzato i Paesi ricchi a partire dagli ultimi decenni del secolo scorso.Vi sono essenzialmente tre problematiche che le piccole e medie imprese si trovano a dover affrontare, e in tutti e tre i casi si tratta di problemi di scarsità che sono tanto più rilevanti quanto più è ridotta la dimensione dell'impresa. Vi è innanzitutto la scarsità di risorse umane, da intendersi non solo in riferimento al ridotto numero di addetti e alla loro generalmente limitata qualificazione, ma anche per quanto attiene alla difficoltà ad attrarre personale qualificato da inserire in azienda. Vi è poi la ristrettezza di risorse finanziarie, anche qui in riferimento sia alle scarse disponibilità interne per gli investimenti, sia per quanto attiene alla difficoltà a raccogliere capitale esterno, di debito o di rischio. Vi è infine probabilmente la ristrettezza più importante, cioè quella di cultura di impresa, in riferimento sia pure in diversa misura, all'imprenditore, al dirigente e al semplice dipendente.A fronte di queste tre grandi scarsità che caratterizzano la piccola impresa familiare, il principio di sussidiarietà offre rimedi efficaci e concreti. Per quanto riguarda la limitazione di risorse umane diventa essenziale l'investimento in formazione, che permette di valorizzare le persone e la loro professionalità e di responsabilizzare in particolare le figure dirigenziali, ed è dunque il mezzo essenziale per promuovere la vera sussidiarietà. Per quanto attiene alla scarsità di risorse finanziarie, lo strumento essenziale è quello dell'attività bancaria fortemente radicata sul territorio, è questa del resto la grande lezione del modello cooperativo e popolare dell'attività creditizia che ha sostenuto lo sviluppo italiano degli ultimi cinquant'anni. Per quanto attiene infine alla scarsità di cultura imprenditoriale, lo strumento essenziale della sussidiarietà è rappresentato dall'associazionismo che, nelle sue varie forme e soggetti, rappresenta la strada per consentire alle piccole imprese di esprimere tutte le loro potenzialità.

IM-IMPRESAMIA.IT-CAMERA - Mancati contributi a imprese rosa


La crisi non sembra scoraggiare l'imprenditoria femminile che continua a crescere
E' importante comunicare la data certa entro la quale saranno stanziate le somme necessarie a corrispondere i contributi a tutti i soggetti destinatari delle agevolazioni previste dal sesto bando di cui alla legge n 215 del 1992: si tratta di agevolazioni all'imprenditoria femminile che malgrado la crisi ha dimostrato fino ad ora una significativa tenuta e una grande capacità di rinnovarsi secondo gli ultimi dati dell'Unioncamere. E anche l'Osservatorio di Confartigianato conferma che le imprese rette da donne sono in aumento (nel primo semestre 2009 si registrano circa 20.000 unità in più). Questo l'argomento di un'interrogazione rivolta nella seduta dello scorso 9 novembre dai deputati del Pd ai ministri dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, dell'Economia e delle finanze, Giulio Tremonti e delle Pari opportunità, Mara Carfagna. Primo firmatario Laura Froner (nella foto). Nell'interrogazione si legge che il forte sostegno e impulso allo sviluppo dell'imprenditoria femminile è da attribuirsi certamente alla legge 25 febbraio 1992, n. 215, che ha messo a disposizione delle imprese femminili, dal '92 ad oggi, stanziamenti erogati sotto forma di contributi in conto capitale a fronte di investimenti, operando con un meccanismo «a bando», attraverso il quale il Ministero dello sviluppo economico individua i termini per la presentazione delle domande per il riconoscimento dei contributi. Con i primi cinque bandi del Ministero i fondi complessivamente stanziati sono stati circa 598 milioni di euro, di cui 129,6 per i primi tre bandi, 242,8 per il quarto, 225 per il quinto. Il sesto bando, emanato con decreto ministeriale 5 dicembre 2005, metteva a disposizione risorse statali per 76.145.690 euro, alle quali si aggiungevano 12.389.659,64 euro di risorse regionali. Le domande ammesse cui è stato attribuito un punteggio utile per accedere ai contributi sono state 1.122 e su di esse ha inciso la norma della legge finanziaria 2008 (articolo 3, commi 36-39) che, riducendo da sette a tre anni il termine di perenzione dei residui delle spese in conto capitale, è all'origine del taglio delle risorse da assegnare per l'attuazione della legge sull'imprenditoria femminile. In particolare sono caduti in perenzione gli impegni finanziari relativi al 6o bando. La stessa legge finanziaria (comma 39) tuttavia consente al Ministero dell'Economia e delle finanze di iscrivere in appositi fondi le risorse riferibili a obbligazioni giuridicamente perfezionate.Il sottosegretario del Ministero dello Sviluppo economico, rispondendo il 29 settembre scorso alla interrogazione del deputato del Pd Massimo Vannucci n. 5-01399, ha assicurato di avere inoltrato al Ministero dell'Economia - Ufficio centrale del Bilancio - tutte le richieste di riassegnazione delle somme perenti. Più dei due terzi dei beneficiari, pur avendo ricevuto conferma definitiva del contributo, non hanno però ancora avuto dalle banche concessionarie l'erogazione dei relativi stanziamenti: la dichiarazione del sottosegretario Saglia secondo la quale le somme non riassegnate saranno presumibilmente disponibili con il prossimo esercizio finanziario non ha certamente dissipato la situazione di incertezza in cui vivono le imprese interessate, che, a causa dei mancati pagamenti, potrebbero essere costrette a chiudere (per qualcuna è già avvenuto), con gravi conseguenze sui livelli occupazionali.

IM-IMPRESAMIA.IT-AMBIENTE - Federparchi: quotidiana difesa del clima


A Copenaghen valorizzare i parchi come modello in materia di protezione del clima
Ci sono voluti decine di studi scientifici, centinaia di specie animali e vegetali perse per sempre, migliaia di vittime e ingenti danni economici causati da eventi meteorologici estremi perché, almeno sulla carta, il cambiamento climatico diventasse un tema centrale nelle preoccupazioni dei Governi mentre nei parchi naturali la protezione del clima rappresenta da sempre una conseguenza diretta del lavoro quotidiano. Lo si legge in una nota di Federparchi nella quale si spiega il ruolo svolto dalle aree protette per la difesa della natura e, quindi, del clima clima in tutto il mondo come in Italia, dove i parchi tutelano una parte significativa del patrimonio forestale nazionale. Sono ben 820mila, infatti, gli ettari di boschi preservati - e correttamente gestiti - all'interno dei confini delle aree protette italiane, una superficie superiore a quelle di Molise e Valle d'Aosta messe insieme, e che assorbe ogni anno una quantità di gas serra stimata in 145 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti. Con risvolti economici di grande rilievo. Secondo una stima del Teeb (The economics of ecosystems and biodiversity), infatti, lo stoccaggio del carbonio atmosferico nelle foreste protette garantisce, alle latitudini dell'Italia, benefici quantificabili in oltre 728 dollari per ettaro. Quindi, calcolatrice alla mano, i boschi tutelati dai parchi italiani valgono, solo dal punto di vista della riduzione delle emissioni a effetto serra, quasi 600 milioni di dollari. Un discorso - spiega Federparchi - che, se è vero per i boschi e i prati, è forse ancora più significativo per le foreste sottomarine, le praterie di posidonia e le colonie di fitoplancton che popolano i nostri mari, e che i parchi e le aree marine protette (Amp) contribuiscono a proteggere (sono circa 190mila gli ettari di superficie marina e oltre 600 i km di costa tutelati dalle Amp e dagli altri parchi naturali). Grazie alla loro attività fotosintetica, infatti, gli organismi vegetali marini concorrono al sequestro della CO2 atmosferica in misura anche maggiore rispetto alle piante terrestri, come dimostrato da numerosi studi scientifici. Un'importante azione biologica di stoccaggio del carbonio che si aggiunge all'assorbimento di CO2 da parte del mare.Ma le foreste protette - sottolinea Federparchi nella nota - rappresentanoanche uno strumento impareggiabile in termini di adattamento all'effetto serra, regolando, ad esempio, il microclima delle aree in cui sorgono, oppure prevenendo quei fenomeni di dissesto idrogeologico e di erosione costiera che proprio il riscaldamento globale rende più intensi e frequenti (e che il presidente Giorgio Napolitano ha recentemente indicato come una priorità assoluta per l'Italia). Oltre,naturalmente, a costituire l'habitat ideale per migliaia di specie animali (sono 57mila, in totale, quelle che abitano le aree protette), a mantenere intatte le caratteristiche del paesaggio, anche sommerso, che ha reso l'Italia famosa nel mondo e a rappresentare una preziosa risorsa per diversi settori dell'economia (turismo, pesca, birdwatching, raccolta di funghi, apicoltura, immersioni subacquee, snorkeling, etc). Basterebbe dunque la conservazione del patrimonio forestale, terrestre e marino, a dimostrare la centralità dei parchi nella grande sfida al cambiamento climatico. Ma questo non è l'unico fronte sul quale le aree protette esprimono da sempre impegno e competenza. I parchi italiani, ad esempio, - prosegue la nota - tutelano la maggior parte delle zone umide ancora presenti nella Penisola: torbiere, paludi, saline e acquitrini, che hanno anch'essi un ruolo di primo piano nel sequestro della CO2 atmosferica oltre a rappresentare un elemento cruciale per la conservazione della biodiversità, avicola e non soloAncora: le aree protette esercitano sul territorio, non soltanto verso i bambini, un ruolo educativo d'importanza strategica. Sono centinaia le attività di educazione ambientale destinate a promuovere consapevolezza e sensibilità sui temi ambientali (si veda, solo a titolo di esempio, il progetto Vividaria, che la Federparchi realizza da tre anni insieme all'Institut Klorane e che è dedicato proprio ai temi della biodiversità vegetale e del cambiamento climatico, oppure l'iniziativa Parchi per Kyoto, promossa con Kyoto Club e AzzeroCO2 per sensibilizzare il pubblico sugli obiettivi del Protocollo). Per non parlare delle numerose attività portate avanti dalle aree protette nel settore delle fonti rinnovabili e dei progetti di cooperazione internazionale dedicati ad attività di forestazione (o di gestione sostenibile di foreste già esistenti) in Paesi in via di sviluppo. Da ogni punto di vista, dunque, i parchi rappresentano dei modelli e delle autorità in materia di protezione del clima - conclude Federparchi - Un ruolo strategico che i rappresentanti dei Governi e delle istituzioni devono riconoscere e adeguatamente valorizzare. In questo senso, la Conferenza Onu sul clima di Copenaghen potrebbe essere senza dubbio un'occasione irripetibile.