venerdì 11 settembre 2009

IMPRESAMIA.IT-IL PUNTO - Partecipazione lavoratori agli utili: si o no?


Sacconi: 60 giorni per pensarci. Ma non tutti sono d'accordo
Il Governo sta valutando la possibilità di dare il via alla partecipazione dei lavoratori agli utili delle imprese e il ministro del lavoro, Maurizio Sacconi (nella foto), avrebbe fissato in 60 giorni il tempo per trovare un'intesa sulla partecipazione dei lavoratori agli utili delle aziende . Il ministro ha sottolineato che ''la partecipazione agli utili delle aziende è materia per un avviso comune tra le parti sociali - ha detto il ministro - anche se il legislatore è autorizzato a intervenire. Solo le parti sociali - ha aggiunto - sapranno trovare la giusta misura''. In merito al suo ruolo, il ministro avrebbe tenuto a ribadire che ''il Ministero del Welfare non vuole condizionare nessuno. Mi limiterò a comunicare al Parlamento di attendere l'esito di questo tavolo di confronto. Toccherà poi alle parti sociali - ha affermato Sacconi - determinare ciò che ha bisogno della legge e ciò che deve rimanere di competenza delle parti sociali. In una seconda fase valuteremo le questioni della finanza pubblica''. Nella prospettiva di un esito negativo dell'incontro Sacconi avrebbe sottolienato: ''Se dovesse malauguratamente registrarsi incomunicabilità ne prenderemo amaramente atto, ma non credo sara' così''. Ma non tutte le parti sociali sono d'accordo su tale soluzione. Per esempio, secondo la Cgil la compartecipazione agli utili rischia di essere un cattivo affare per i lavoratori che già investono se stessi nell'azienda in cui lavorano e obbligare poi i lavoratori a detenere le azioni per quattro anni è forse un buon affare per l'azienda, pessimo per i lavoratori: se l'azienda va male, è come legarli mani e piedi a una barca che affonda. Leggermente diversa è una partecipazione agli utili sotto forma di una parte di remunerazione legata ai profitti aziendali. Ma in questa proposta è insito un equivoco di fondo fra le parti. Per lavoratori e sindacati, questa parte variabile è come il bonus dei banchieri d'investimento: la remunerazione aumenta quando i profitti sono alti, ma non scende mai sotto un certo livello quando i profitti sono bassi o negativi. In altre parole, nei fatti questo diventa uno schema per aumentare la remunerazione attuale: ovviamente nessun imprenditore sarebbe disposto a sottoscriverlo. Inoltre è molto difficile separare nettamente compartecipazione e cogestione. La compartecipazione senza cogestione si basa su un'illusione di fondo: il management si aspetta che i lavoratori accettino senza batter ciglio qualsiasi decisione che ha effetti sulla loro remunerazione. Prima o poi, la conseguenza inevitabile è una qualche forma di cogestione. Ma nessuna forma di cogestione funziona in pratica. La cogestione di facciata, quale la presenza di sindacalisti in qualche consiglio con un ruolo consultivo, serve solo a intralciare il funzionamento dell'azienda e a delegittimare i sindacati agli occhi dei lavoratori. La cogestione sostanziale comporterebbe un grosso passo indietro al tentativo di introdurre il principio del merito e della capacità.

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