giovedì 3 settembre 2009

IMPRESAMIA.IT-FOCUS - Monito Ue all'Italia: no aiuti aziende oltre limiti CO2


Niente aiuti pubblici, cioè di Stato, alle aziende che superano i limiti
Un articolo del Sole 24 ore del 13 agosto ha scatenato in Italia uno strano dibattito che prendeva spunto dalle conclusioni del "Comitato nazionale di gestione e attuazione della direttiva 2003/87 CE" per l'applicazione del Protocollo di Kyoto e che con un bel pò di vittimismo e di orgoglio nazionalista puntava a dimostrare quanto fosse penalizzata l'Italia. Sul tema ha autorevolmente preso posizione, con un'intervista rilasciata all'Apcom, il commissario Ue all'ambiente, Stavros Dimas, che è stato molto chiaro. "Gli impianti italiani che emettono più CO2 di quanto consentano le loro quote gratuite - ha spiegato - non hanno altra scelta che coprire il loro deficit comprando i diritti di emissione sul mercato. Entro il 30 aprile di ogni anno, i gestori degli impianti dovranno restituire le quote relative a tutte le loro emissioni durante l'anno precedente. Per ogni tonnellata di CO2 emessa senza che sia stato restituito in tempo la quota corrispondente, il gestore dell'impianto dovrà pagare un'ammenda di 100 euro".Per l'Unione europea non è quindi consentito nessun aiuto pubblico in quanto equivarrebbe a un aiuto di Stato, che è vietato dalle norme dell'Ue. Per i nuovi entranti, cioè gli impianti che hanno avviato la produzione dopo l'approvazione del Nap, la Commissione ha invece riconosciuto la possibilità che fosse lo Stato ad acquistare una quota di riserva fino a 16,93 milioni di tonnellate di CO2 ma ribadisce che "acquistare quote sul mercato per distribuirle gratuitamente agli altri impianti equivarrebbe a un aiuto di Stato, che sarebbe incompatibile con il diritto Ue della concorrenza nella maggioranza dei casi". "La Commissione Europea ha risposto in maniera inequivocabile al Governo - ha spiegato Edoardo Zanchini, responsabile energia di Legambiente - le imprese italiane che avranno emesso più CO2 di quanto consentivano le quote assegnate dovranno pagare e non potrà farlo lo Stato al posto loro. Inoltre non è vero che l'Italia sia stata penalizzata nell'assegnazione delle quote, il criterio utilizzato è infatti lo stesso per tutti i Paesi. E i dati della Commissione smentiscono la tesi del Governo sulla maggiore efficienza delle imprese italiane rispetto a quelle degli altri Paesi europei. I dati dicono che il problema dello sforamento riguarda principalmente il settore termoelettrico. Sarebbe invece il momento che il Governo iniziasse ad attuare serie politiche di riduzione della CO2, anziché continuare a dare il via libera a centrali inquinanti e rinviare provvedimenti che aiuterebbero il sistema industriale italiano a recuperare i ritardi. Tutte le obiezioni mosse da coloro che remano contro il protocollo di Kyoto in questo dibattito come quelle che l'Italia è stata penalizzata rispetto agli altri Stati membri nell'assegnazione delle quote o che le industrie italiane sono le più efficienti dal punto di vista energetico, sono state puntualmente smentite dal commissario Ue all'Ambiente, Stavros Dimas. Il nostro Paese può recuperare il ritardo accumulato in questi anni con vantaggi concreti per i cittadini e le imprese puntando con forza sul miglioramento dell'efficienza energetica, e in parallelo sullo sviluppo delle fonti rinnovabili. Insomma facendo semplicemente quel che stanno facendo gli altri Paesi Europei da cui acquistiamo i diritti di emissione"Nel 2008 lo sforamento delle quote assegnate è avvenuto in due settori: termoelettrico e le raffinerie mentre i diversi comparti industriali (cemento, carta, acciaio e altre materie prime essenziali) sono stati sotto i limiti assegnati.Secondo i dati, rispetto alle quote distribuite dal governo con il Piano nazionale delle allocazioni 2008-2012, nel 2008 sono finite in atmosfera 8,9 milioni di tonnellate di CO2 in più, la maggior parte viene dal termoelettrico, che ha emesso 143 MtCO2 contro le 132 allocate."Il carbone continua ad essere una delle principali voci del ritardo rispetto a Kyoto - spiegano gli ambientalisti - Nel 2008 le 12 centrali a carbone italiane hanno sforato di 7,5 milioni di tonnellate di CO2 le quote previste dal Piano nazionale delle allocazioni su un totale di 10,3 milioni emessi in più da tutto il settore termoelettrico. E' evidente che il problema che l'Italia ha rispetto ai limiti fissati dal Nap riguarda principalmente il settore termoelettrico. E' qui che bisognerebbe intervenire per spingere interventi di efficienza e soprattutto premiare le tecnologie che emettono meno. Al contrario il Governo spinge sul carbone e non premia l'innovazione industriale come sta avvenendo negli altri Paesi. Per questo, sottolinea l'associazione ambientalista, è fondamentale che si stabiliscano criteri per l'assegnazione delle quote gratuite che considerino l'efficienza in termini di emissione di CO2 degli impianti. Sarebbe assurdo e inaccettabile che queste quote venissero assegnate a una centrale a carbone come quella di Civitavecchia che, una volta entrata in funzione, da sola emetterà oltre 10 milioni di tonnellate di CO2 l'anno".

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